La situazione di crisi generalizzata che ci troviamo a vivere negli ultimi anni ha causato, oltre ai problemi direttamente osservabili di tipo economico, anche problemi di salute legati all'ansia e allo stress. Quello che appare sconcertante è il fatto che, nonostante le lamentele dei lavoratori supportate anche da dati che mostrano come vi sia stato un incremento del numero delle persone che si sono rivolti al medico di famiglia come conseguenza diretta del clima di crisi finanziaria, le aziende tendono comunque a non riconoscere e a sottovalutare la gravità della situazione. Come conseguenza, i lavoratori non solo non sono sostenuti nei momenti di crisi, ma anzi sono a rischio di licenziamento e di maggiori preessioni.
Gli effetti della crisi economica, quindi, si ripercuotono sul benessere psicologico, tanto che alcuni dati riportano un aumento del 30% dei pazienti che soffrono d'ansia e del 15% di pazienti che soffrono di depressione.
Tale situazione di disagio psicologico che si ritrovano a vivere gli individui a rischio di lavoro può essere meglio compresa se si tiene conto del fatto che la crisi lavorativa coinvolge tutta una serie di aspetti e conseguenze; rischia, infatti, di mettere in discussione le proprie certezze esistenziali, crea problemi di autostima e getta l'individuo in una costante instabilità emotiva, poiché, quest'ultimo si ritrova di fronte ell'esigenza di dover continuamente adattarsi ad una società in continuo cambiamento.
Il timore è che la crisi attuale possa avere effetti di lunga durata; anche dopo che i mercati si saranno ripresi, non è detto che le persone si riprendano dai timori e dai comportamenti ad essi associati.
Alla perdita di lavoro, molto spesso viene associata una vera e propria perdita della propria identità. Venir meno di una occupazione significa non aver più un ruolo sociale, la capacità di sostenere se stessi e magari la propria famiglia. L'individuo tende a costruire una rappresentazione di sé basata sui ruoli che sente propri e, in base a questi, sviluppa la sicurezza che gli consente la corretta integrazione sociale. La perdita di lavoro inciderà quindi su entrambi gli aspetti: il ruolo sociale e l'autostima.
Ansia e depressione sono direttamente collegate all'incertezza in ambito lavorativo perchè ci si ritrova ad affrontare la perdita di stabilità e di punti di riferimento, rimanendo disillusi sulle proprie aspettative.
L'Organizzazione Internazionale del Lavoro ha messo in evidenza come “le forme di occupazione sono cambiate negli ultimi decenni, comportando anche la genesi di nuovi rischi per i lavoratori (...)”. Precariato, disoccupazione e timori che ne derivano, non mettono a rischio solo la condizione economica della persona, ma anche la salute e il benessere. Tanto che si è arrivati a parlare di “sindrome da lavoro precario” (Mauro Grimaldi, Presidente dell'Ordine degli Psicologi della Lombardia), i cui sintomi più comuni sono: insonnia, mal di stomaco, depressione, ansia, disistima per se stessi.
Diversi studi hanno mostrato come all'aumento del tasso di disoccupazione, sia correlato un aumento dei casi di depressione. Rispetto agli impiegati che mantegono il proprio posto di lavoro, coloro che lo perdono hanno una probbilità maggiore dell'83% di vedere peggiorata la propria condizione di salute.
In riferimento alla perdita di identità come conseguenza della perdita di lavoro, risulta essere molto forte verso chi ha vuto un ruolo di prestigio nell'ambito lavorativo; questo perchè il lavoro di responsabilità è stimolante, impegnativo, include relazioni sociali e conferisce potere, soddisfacendo quindi una serie di bisogni che vano ben oltre quelli puramente materiali.
Di fronte alla precarietà, le donne sono considerate più fragili rispetto agli uomini; si stima infatti una crescita tra il 30% e il 40% dei casi di disturbi d'ansia generalizzato nelle giovani donne, contro un incremento del 20%-25% negli uomini.
Inoltre, la crisi economica ha provocato un aumento del numero di suicidi e omicidi nei 26 paesi dell'UE.
Due fattori sono estremamente importanti nell'affrontare la perdita del lavoro: l'attribuzione della responsabilità e la resilienza. Per quanto riguarda la prima, è più facile affrontare la perdita del posto di lavoro se l'attribuzione è esterna e non interna.
Invece, la resilienza è composta da fattori e attitudini di tipo biologico, psicologico e sociale, ed è la capacità che l'individuo ha di reagire positivamente ai cambiamenti, mutando le difficoltà in opportunità. A favorire la resilienza vi sono una serie di fattori protettivi comuni nell'esperienza esistenziale di molti, definiti dalla psicologa Ann S. Masten (2001) sotto il nome di “ordinaria magia” e, tra questi, in particolar modo, la qualità delle relazioni di un soggetto.
La rete di relazioni di cui ogni soggetto è parte lo aiuta a non sentisi solo di fronte alle difficoltà, lo supporta emotivamente e aumenta la sua autostima. Quindi, il sostegno può arrivare anche dall'ambiente di lavoro. Rompere questa rete di relazioni significa ridurre la capacità di rispondere in modo positivo a una crisi.
Negli ultimi anni si è registrato un aumento degli sportelli psicologici gestiti da enti locali, soprattutto nelle province del nord, dedicati al sostegmo di persone con problemi legati al alvoro e alla crisi economica. Tuttavia, gli interventi sono ancora limitati e quasi del tutto assenti nelle aziende, dove invece la presenza del supporto di uno psicologo o di un counselor, in una fase di transizione delicata come questa, sarebbe fondamentale.
Melania Gabriele